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Microscopio Comparatore

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Microscopio Comparatore Leitz (Leica) presso DBS di Paride Minervini

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Il microscopio comparatore Leitz, in uso a questo laboratorio, è costituito da due piatti portaoggetti, mobili ed orientabili, che vengono osservati mediante due obiettivi situati verticalmente. A mezzo di un sistema di prismi, le immagini dei due corpi, raccolte dagli obiettivi in simultanea comparazione, possono essere portate a combaciare lungo una sottile e netta linea di divisione e studiate attraverso un unico oculare. La ripresa fotografica digitale consente di avere in tempo reale l’immagine dei reperti anche sullo schermo del computer e di salvarla.

Il microscopio comparatore consente di confrontare tra loro bossoli o proiettili per stabilire se sono stati sparati dalla medesima arma. Gli elementi che consentono di formulare un giudizio di identità o non identità sono:

  • le impronte di classe che sono comuni a tutte le armi della stessa marca e modello
  • le impronte peculiari o contrassegni che sono specifiche di un’unica arma

Mediante l’archivio General Rifling Characteristics File della Firearms Toolmarks Unit FBI Laboratory, aggiornato all’anno 2010, conoscendo le caratteristiche (andamento e numero di rigature) e le misure medie dei pieni e dei vuoti di canna, è possibile individuare un elenco di possibili marche e modelli di armi che hanno sparato il proiettile in analisi.

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Comparazione dell’impronta peculiare dal percussore tra il reperto (SX) e il test (DX). L’immagine del test è stata evidenziata con l’utilizzo di un filtro verde. [Obj. 50x, f/4]

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Misurazione digitale [Obj. 25x, f/2]

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Tracce di materiale biologico (tessuto ematico ed altri tessuti) all’interno di un proiettile [Obj. 1.7x, f/8]

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Tracce di silicio e di tessuto ematico sulla superficie laterale di un proiettile [Obj. 1.7x, f/8]

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Microscopio SEM

Il microscopio elettronico a scansione presenta notevoli analogie con il convenzionale microscopio ottico a riflessione, nonostante le differenze riguardanti il potere di risoluzione e l’applicazione tecnico-strumentale dei fenomeni che riguardano la formazione e la visualizzazione dell’immagine. Infatti il SEM non sfrutta la luce come sorgente di radiazioni ma un fascio di elettroni, generato da una opportuna sorgente, che viene focalizzato da un sistema di lenti elettromagnetiche e mandato a esplorare la superficie di un preparato. Il segnale, generato a seguito dell’interazione prodotta, viene raccolto da un opportuno rivelatore e trasferito alla griglia di controllo di un oscilloscopio a raggi catodici (CRT). La modulazione prodotta permette di regolare l’intensità del fascio elettronico dell’oscilloscopio stesso, in funzione della quantità di segnale ricevuto, ottenendo un’immagine corrispondente sullo schermo del CRT. Il sistema che genera e trasferisce il fascio elettronico primario e il campione stesso devono essere portati ad un elevato valore di vuoto.

Principio di funzionamento

Vengono utilizzati simultaneamente due fasci di elettroni: uno colpisce il campione da analizzare, l’altro un tubo a raggi catodici (CRT) osservato dall’operatore.

L’impatto del fascio sul campione genera una varietà di emissioni elettroniche e fotoniche; il segnale prescelto viene raccolto, rivelato ed amplificato per modulare la luminosità (brillanza) del secondo fascio di elettroni.

La scansione del fascio sul campione avviene con l’ausilio di campi magnetici, partendo dall’angolo in alto a sinistra dell’area del campione e proseguendo lungo una linea di punti parallela al margine superiore, per poi tornare indietro al bordo di partenza e analizzare una seconda linea, fino a completare l’area. Se l’area del CRT ha dimensioni A x A e l’area analizzata del campione B x B, l’ingrandimento I sarà dato dal rapporto A/B.

Questo metodo di formazione delle immagini ha diversi vantaggi:

  • l’ingrandimento è ottenuto in maniera geometrica e può essere modificato variando le dimensioni dell’area sottoposta a scansione;
  • ogni emissione generata dall’impatto del fascio elettronico col campione partecipa alla formazione dell’immagine;
  • possono essere prodotti e visualizzati diversi tipi di immagine contemporaneamente;
  • l’immagine può essere elaborata elettronicamente (variazione del contrasto, riduzione del rumore, identificazione dei dettagli …).

Il limite fondamentale alla qualità dell’immagine è posto quindi dallo schermo CRT: il più piccolo dettaglio dell’immagine visualizzata corrisponde al potere separatore dell’occhio umano (0,1 mm).

Il fascio elettronico

Il fascio di elettroni incidente sul campione è generato da un cannone elettronico, che può essere termoionico o ad emissione di campo.

Nel cannone termoionico gli elettroni sono ottenuti riscaldando tra 1500 e 3000 K un filamento (catodo) di tungsteno o di esaboruro di lantanio (LaB6) e vengono fatti convergere da un campo elettrico in una regione chiamata cross-over dove si forma l’immagine della sorgente.

Nel  cannone ad emissione di campo un filamento di tungsteno finemente appuntito è mantenuto vicino ad un anodo di estrazione a cui è applicato un potenziale di diverse migliaia di Volt. Gli elettroni fuoriscono dal filamento di tungsteno e vengono accelerati verso l’anodo.

La pressione nella camera del cannone elettronico deve essere abbastanza bassa per evitare una eccessiva corrosione ed un eccessivo bombardamento di ioni della superficie emittente.

Le prestazioni del SEM dipendono da un certo numero di fattori, di cui quello che incide maggiormente è la brillanza, definita come la quantità di corrente che può essere concentrata in un dato diametro del fascio elettronico.

A parità di energia del fascio di elettroni, un cannone ad emissione di campo è caratterizzato da una brillanza che è tra le 10 e le 100 volte quella di un emettitore termoionico di esaboruro di lantanio, che a sua volta è da 3 a 10 volte più luminoso di un emettitore termoionico di tungsteno.

Il diametro del fascio di elettroni nella zona di cross-over viene ridotto facendo passare il fascio attraverso due o più lenti elettroniche prima di raggiungere la superficie del campione. Una lente elettronica consiste in una spira in cui passa corrente, la quale mette a fuoco il fascio di elettroni esattamente allo stesso modo in cui una lente di vetro mette a fuoco la luce.

La risoluzione del SEM non può essere inferiore al diametro della sonda, il quale può essere aumentato da difetti delle lenti elettroniche (aberrazioni di diffrazione, aberrazione sferica, aberrazione cromatica, astigmatismo).

La profondità di campo dell’immagine è definita come l’intervallo, misurato lungo l’asse ottico, entro il quale il campione può essere spostato senza che la sua immagine vada fuori fuoco. A parità di ingrandimento, le profondità di campo nel SEM sono almeno 100 volte maggiori che in un microscopio ottico. Spesso però è necessario giungere ad un compromesso tra profondità di campo e risoluzione essendo queste strettamente connesse, adattando le condizioni di lavoro al tipo di informazione desiderato.

Il campione viene collocato in una camera porta campioni abbastanza spaziosa, dotata di un dispositivo goniometrico che permette di sottoporre il campione a movimenti micrometrici di traslazione lungo gli assi x, y e z, di rotazione attorno all’asse z e di inclinazione rispetto alla normale costituita dal pennello elettronico.

Non è richiesta nessuna preparazione preliminare del campione, anche se sarebbe meglio ripulire la superficie da oli e grassi per evitare contaminazioni. Se il campione non è un buon conduttore elettrico, bisogna depositare sulla sua superficie un sottile strato di metallo (metallizzazione) e collegare il campione a terra. Il metallo da depositare viene riscaldato mediante passaggio di corrente elettrica in condizioni di vuoto e pertanto emette atomi che si vanno a depositare sulla superficie del campione.

Sistema di rivelazione ed elaborazione del segnale

La raccolta delle radiazioni emesse come conseguenza dell’impatto tra il fascio di elettroni e il campione, viene effettuata da opportuni rivelatori e presentata sulla schermo CRT singolarmente o sovrapponendo più segnali. Un amplificatore incrementa il livello del segnale raccolto ed elabora il segnale per rendere più leggibile l’immagine, che può quindi essere registrata, analizzata e archiviata.

Un fascio di elettroni accelerato da tensioni comprese tra 1 e 50 kV, interagendo con un materiale, subisce due tipi di interazione:

  • diffusione anelastica che consiste in una diminuzione di energia degli elettroni primari senza apprezzabile variazione della loro direzione di propagazione;
  • diffusione elastica dovuta all’urto elastico degli elettroni primari con il nucleo degli atomi bombardati, comporta una variazione della direzione di propagazione senza apprezzabile variazione di energia.

Il fascio di elettroni che interagisce in maniera anelastica con gli elettroni delle orbite più esterne può provocare l’espulsione di un elettrone (elettrone secondario); l’atomo ionizzato potrà scendere a livelli più bassi di energia sia mediante l’occupazione della lacuna da parte di elettroni del livello più esterno, con perdita di energia sotto forma di radiazione X continua, sia mediante l’emissione di un altro elettrone (elettrone Auger). I due processi sono tra loro competitivi: per bassi numeri atomici prevale l’effetto Auger, mentre per alti numeri atomici prevale l’emissione di raggi X.

La diffusione elastica comporta la retrodiffusione degli elettroni primari in relazione al numero atomico dell’atomo colpito: elettroni che colpiscono campioni a basso numero atomico penetrano profondamente nel campione, mentre elettroni che interagiscono con campioni ad alto numero atomico verranno retrodiffusi in prossimità della superficie.

In relazione al tipo di segnale raccolto e in funzione della natura del materiale esaminato, con il SEM si possono ottenere immagini di diversi tipi. Quelle più significative sono le immagini da elettroni secondari e da elettroni retrodiffusi.

Gli elettroni secondari oltre che essere generati dall’interazione tra fascio primario e campione, sono generati anche dagli elettroni retrodiffusi; in entrambi i processi vengono rilevati solo gli elettroni secondari in prossimità della superficie a causa della loro bassa energia. Il rilevamento degli elettroni secondari emessi con diverse intensità nelle varie regioni del campione consente lo studio della morfologia superficiale dei materiali. Di solito viene utilizzato uno scintillatore disposto lateralmente rispetto al campione e perpendicolarmente alla linea che unisce il campione alla sorgente di illuminazione. Poiché gli elettroni secondari hanno una bassa energia, producono un segnale debole dal momento che la quantità di luce emessa dallo scintillatore è direttamente proporzionale all’energia dell’elettrone che lo colpisce. Per aumentare l’efficienza, il rilevatore è polarizzato a forti tensioni, in modo da accelerare gli elettroni prima del loro impatto sullo scintillatore.

L’immagine da elettroni retrodiffusi mostra contrasti di tipo compositivo, cioè direttamente legati al numero atomico del campione da analizzare: regioni con differenti numeri atomici appariranno con diversa luminosità. Il rivelatore viene posizionato concentricamente rispetto al fascio incidente e sopra il campione e consente di raccogliere informazioni riguardo alla composizione interna e alla topografia superficiale del campione.

Altri tipi di immagini possono essere elaborati analizzando:

  • la corrente di campione che fluisce tra il campione e la terra;
  • gli elettroni trasmessi se il campione non è totalmente opaco;
  • la conducibilità elettrica indotta generata dalle coppie elettrone-lacuna prodotte nel campione;
  • la catodoluminescenza emessa dalla ricombinazione delle coppie elettrone-lacuna sotto forma di radiazione elettromagnetica, di lunghezza d’onda compresa tra l’ultravioletto e l’infrarosso;
  • gli elettroni Auger che fornisconoinformazioni di tipo compositivo;
  • i raggi X caratteristici di un elemento del materiale per avere una mappa della distribuzione di questo specifico elemento. Per rivelare i raggi X possono essere usate due tecniche: la  spettrometria a dispersione di lunghezza d’onda (WDS) sfrutta le caratteristiche ondulatorie dei fotoni X e la spettrometria a dispersione di energia (EDS) sfrutta invece i fenomeni di interazione tra i fotoni X e un opportuno materiale. La risoluzione di un detector WDS è migliore di oltre un  ordine di grandezza rispetto a un rivelatore EDS, ma è più costoso e i tempi di acquisizione sono più lunghi.

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Particolare della panoramica dello Stub Calibro .22

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Sciame di GSR provenienti da bossolo Calibro .22

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Agglomerato di GSR e particella

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Spettro delle singole componenti di GSR